domenica 11 agosto 2024

The greatest hits 2014-2024

Me l'hai chiesto? No.

Lo faccio lo stesso? Ovvio.

Perché lo sappiamo che a te piace cominciare i discorsi e poi lasciarli a metà, mentre a me piace mettere i puntini sulle i.

Tutte le canzoni che ti ho mandato hanno un senso, come ti ho già detto. Alcune per il testo in se, altre per una singola frase, altre perché mi ricordano qualcosa in particolare. Tutte, anche quelle più brutte, vogliono dire qualcosa.

Tutte tranne una, che avrei voluto tu spiegassi a me. Ma, as always, non lo farai.

ABCDEFU - beh, c'è poco da dire qui... Just fottiti, tu e tutto quello che ti riguarda. Tranne il cane (ovviamente), che comunque non so nemmeno se hai ancora e che secondo me non era neanche tuo, perché non posso capacitarmi che possa essere stato tu ad avergli dato un nome tanto banale.

SECRET  - è la prima canzone che ti ho mandato. Avevamo cominciato a scriverci da poco... I know I don't know you But I want you so bad Everyone has a secret Oh, can they keep it? Oh, no they can't  beh, sooooo appropriate.

WE DON'T TALK ANYMORE - niente da spiegare, direi.

MACARENA - ecco, qui qualcosa da spiegare magari c'è. È indubbiamente una delle canzoni più brutte di sempre, MA.... Madrid 2015: eri splendido con le scarpe e le bretelle gialle: bellissimo quando sei arrivato, dolcissimo mentre sistemi il velo alla sposa, concentrato mentre parli agli sposi (e secondo me hai detto le stesse cose ad entrambi, dato che gesticoli esattamente nello stesso modo). Quello che non mi sarei mai aspettata era di vederti ballare la macarena e fare un gran casino, proprio tu che non ti scomponi mai per niente. Surreale.

CALM DOWN - questa è una di quelle canzoni che riesce sempre a rasserenarmi un po'. È stata la colonna sonora del mio viaggio a Lisbona, città che ho adorato e mi ha regalato tantissimo. È stato anche il posto dove ti ho scritto l'ultima volta e mi hai ignorata per l'ultima volta (spoiler: a quanto pare non era l'ultima davvero). Classico m.o. Saint: rispondo un paio di volte, faccio una domanda, non leggo nemmeno la risposta. La spunta non è diventata blu per giorni e, per esperienza, sapevo che probabilmente non lo sarebbe diventata mai. Ho cancellato la chat. E cancellato te.

STAY - versione 30STM, of course. Not really sure how to feel about it Something in the way you move Makes me feel like I can't live without you It takes me out the way I want you to stay E ti rivedo in piedi accanto al tavolo del mio soggiorno ad annusare tartine di cera profumate, completamente nudo, sfrontato e assolutamente a tuo agio. Ricordo ancora la linea perfetta della tua schiena, il colore della tua pelle, la consapevolezza che fosse tutto un grosso sbaglio... Ma avrei tanto voluto farti restare.

VALVONAUTA - since 1999 il pezzo di recovery per quando ho perso qualcuno a cui tenevo. Sto bene se non torni mai Sto bene se non torni mai Sto bene se non torni mai, mai Da ripetere in loop, finché non riesci a convincerti che sia vero. Tipo mantra, ma gen X version.

SOMEONE GREAT - una volta hai detto che è la tua canzone preferita. Non so se sia ancora così, ma per me resterà tale.

CAROL OF THE BELLS - il mio brano di Natale preferito. In versione Saint il Natale si trasforma in un viaggio in bus verso Washington per te e un pomeriggio tra supermercato e lavanderia per me, accompagnati da una chat lunghissima. Al tuo arrivo mi hai mandato la foto di alcuni regali ricevuti: un vassoio con dei baci perugina e la copertina di un libro. Ti sei scusato per avermi "trascurata" nel tempo passato con chi ti stava ospitando... È stato molto dolce passare il Natale con un perfetto sconosciuto dall' altra parte del mondo.

TUTTI I MIEI SBAGLI - abbastanza scontata, direi... Ma la voce di Samuel Romano è come il nero, sta bene su tutto. Tu il mio orgoglio che può aspettare E anche quando c'è più dolore Non trovo un rimpianto Non riesco ad arrendermi A tutti i miei sbagli Sei tutti i miei sbagli

COWGIRL - hai presente quando hai la testa piena di domande senza risposta e non riesci a venire a capo di mille pensieri che si contraddicono l'uno con l'altro? Probabilmente no, perché sappiamo che l'overthinking non fa parte della tua concezione di vita, a differenza di me che in proposito potrei vantare un dottorato. Ad ogni modo, nei momenti di paranoia pesante (di cui spesso sei stato fautore indiscusso in passato), Underworld è sempre una buona opzione. Tipo prozac, ma meno chimico.

DAYLIGHT - "se io dormo tu leggi? Mi piace addormentarmi mentre gli altri fanno qualcosa" eccolo là, un piccolo Saint cacciato a dormire da solo mentre vorrebbe tanto stare con gli altri. È uno dei rarissimi momenti di te che mi hai raccontato, e per me è stato prezioso come un tesoro. Certo che leggo, se è quello che vuoi. Delle due notti che hai passato qui ricordo soprattutto il terrore di addormentarmi, sprecando anche solo un attimo della consapevolezza di averti accanto.

BAD GUY - ricordo che stavano passando questa canzone alla radio, ero in macchina e tu mi stavi scrivendo le cose più cattive che il tuo cervello potesse mai partorire. Guidavo e intanto cercavo di capire come potessi meritarlo. Puoi spuntare la voce "sparare sulla croce rossa" sulla lista delle cose fatte nella tua vita, senza dubbio.

LEFT OUTSIDE ALONE - parla già da sola. E so perfettamente quello che stai pensando, ma non sei tu quello che può giudicare come mi sono sentita.

HEART-SHAPED BOX - quando nella mia playlist sbuca un qualsiasi brano dei Nirvana significa una cosa sola: la situa è pesa. Di ampio uso di Nirvana è stato fatto nell'estate del 2016. Stavo male (fisicamente) ed ero alle prese con un dosaggio di farmaci che spesso mi rendeva difficile persino mangiare e stare in piedi. Eppure, la cosa che più mi pesava era il pensarti felice e contento con quella che avevi definito al telefono "la persona che amo". Logica (per me) conseguenza: partire per Londra. Ricordo di essermi persa ad Angel, senza né la forza né la lucidità per tornare ad Hoxton, nonostante non fosse certamente così difficile. Ovviamente, in cuffia giravano i Nirvana.

HAPPIER - per molto tempo ho pensato che la cosa fondamentale fosse la tua felicità. Un giorno mi sono svegliata e, senza alcun motivo logico, ho deciso che la felicità di un tizio sconosciuto (col vizio di trattarmi anche abbastanza di merda) fosse la cosa più importante, tanto da anteporla alla mia. La mente umana funziona proprio in modo strano... In qualche modo oggi ancora mi importa che tu sia felice. Non mi interessa sapere cosa, dove, come, perché e soprattutto con chi (le abitudini sono dure a morire), è sufficiente che la risposta a "stai bene?" sia "sì". That's all.

LA MIA VERSIONE DEI RICORDI - è davvero strano come le stesse cose, vissute da persone diverse, assumano significati differenti. È strano come alcuni si aggrappino a certi ricordi per la paura di perdere qualcosa che hanno ritenuto importante. È strano accettare che la percezione delle cose cambi a seconda degli occhi che la guardano e che momenti che ritenevi preziosi per altri non hanno valore.

THE ONE THAT GOT AWAY - In another life I would make you stay So I don't have to say you were The one that got away è una cosa che ho pensato così tante volte in passato che ancora oggi, quando sento questa canzone, mi vieni in mente.

EPPURE SENTIRE (UN SENSO DI TE) - è una lagna tremenda e la evito come la peste. Ma ovviamente c'è un perché se sta qui in mezzo. È la canzone che cantavo spesso prima di venire a NYC, quando ancora non riuscivo a decidere se avesse senso venirti a cercare. Cosmo fact: la sera prima del matrimonio di Francesca sono stata ad un karaoke e per qualche arcano motivo ho deciso di cantarla. Otto mesi prima avevi cancellato la mia chat senza nemmeno leggere quello che avevo scritto e mi avevi buttata nell'umido senza nemmeno una parola. Quella notte, dopo il karaoke e prima del matrimonio, sei sbucato dal nulla e come se niente fosse sei rientrato nella mia vita. (Ennesimo spoiler: not a deal that big).

BROOKLYN - altro Cosmo fact legato all' episodio qui sopra. Questo brano lo avevo messo come sottofondo ad un post che parlava di una delle volte che ci siamo visti. Non è certo qualcosa che passano alla radio, eppure quel giorno (quello del tuo coup de théâtre) eccolo lì che salta fuori in macchina mentre io e il mio cotestimone andiamo al ristorante. Cotestimone che, per inciso, si chiama Nicola. Cosmo è sempre stato bastardamente sarcastico nei miei confronti, bisogna dargliene atto.

ABISSALE - Dimmi, non vedevi che la differenza tra noi È una differenza Abissale Sì, ovvio che lo vedevo. Ma a volte le cose non te le scegli, ti arrivano addosso come un city trailer senza troppi complimenti. Tra l'altro, quel ragazzino ti assomiglia un bel po'.

FINESHRINE - per molto tempo è stata la suoneria del mio cellulare. Per molto tempo, ogni volta che mi squillava il telefono, ho pensato a te.

HAPPIER THAN EVER - I don't relate to you, no 'Cause I'd never treat me this shitty You made me hate this city And I don't talk shit about you on the internet Never told anyone anything bad 'Cause that shit's embarrassing, you were my everything And all that you did was make me fucking sad

NEW YORK I LOVE YOU, BUT YOU'RE BRINGING ME DOWN - è affascinante come basti una piccola cosa per influenzare la percezione di tutto un insieme. Mi sono pentita di essere venuta nella grande mela? No, certo che no. Ci tornerei? Probabilmente no. È difficile nella mia testa scindere quella città dall'immagine di te. Ancora oggi, la maggior parte delle volte che incrocio un film ambientato a NY, finisco per cambiare canale.

TIME AFTER TIME - If you're lost you can look and you will find me Time after time If you fall I will catch you, I'll be waiting Time after time Una delle cosechenonsaidime è che canto parecchio. Questa canzone mi ha fatto compagnia per un bel po', mentre uscivi e rientravi nella mia vita così, alla cazzodicane. Ed era proprio così... Che fosse comprare un superpotere, aprirti la porta alle 2 di notte, stare ad ascoltare il tuo silenzio... io ci sarei stata volta dopo volta.

LEAVE A LIGHT ON - a continuazione di quanto sopra, fino a quando ho dovuto arrendermi al fatto che "lasciarti la luce accesa" stava soltanto facendomi pagare una bolletta troppo salata, perché tu non avevi bisogno né voglia di tornare da me. That wasn't funny, at all.

LOVE THE WAY YOU LIE part II - Even angels have their wicked schemes And you take that to new extremes But you'll always be my hero Even though you've lost your mind Just gonna stand there and watch me burn But that's all right because I like the way it hurts Just gonna stand there and hear me cry But that's all right because I love the way you lie I love the way you lie nonostante fossi consapevole di tutte le tue bugie e del male che mi stavo facendo, adoravo come mi facevi sentire, il modo in cui mi portavi a perdere qualsiasi controllo. Il desiderio di te, delle tue mani, il tuo corpo, la tua pelle, è stato una delle sensazioni più intense che abbia mai provato.

ASIA OCCIDENTE - questa canzone mi fa sempre venire in mente innumerevoli nottate in bianco, perfettamente consapevole di quanto fossimo diametralmente opposti, ma senza riuscire a starti lontana. È ironico il fatto che, in un certo senso, alla fine tu sia diventato l'Asia e io l'Occidente.

IRIS - And I don't want the world to see me 'Cause I don't think that they'd understand non ho parlato molto di te alle persone che mi stanno attorno, non sarebbe stato semplice fare capire loro che eri reale. Come lo spieghi alla gente l'essere felice o lo stare male "per quello di internet"? Mi avrebbero preso per stupida (Prati/Caltagirone docet) e mi sono sentita molto sola in una delle parti inesplicabilmente più coinvolgenti della mia vita. Non volevo che qualcuno potesse permettersi di sminuire quello che mi ostinavo a considerare un "noi", io e te, qualcosa da proteggere ad ogni costo. When everything's made to be broken I just want you to know who I am un' altra delle cose che mi è mancata è che ho desiderato tantissimo che tu volessi sapere chi sono, einveceno.

PASSIONFRUIT - not available. Non ho la più pallida idea di cosa significhi, ma è l'emblema del Saint. Rappresenta l'unsaid, tutte le frasi lasciate a metà, tutti i sassi lanciati e le mani nascoste. In dieci anni, non credo tu abbia mai iniziato e finito un discorso.

PASTELLO BIANCO - ti svelo un segreto: di tutte le volte che hai pensato fossi cretina, solo la metà erano vere. Agosto 2017: piombi a casa mia in piena notte e, tra una cosa e l'altra, mi dici più volte che devi mandare delle email ma non hai accesso ad internet fino al giorno seguente. Ora... Non sono proprio deficiente, ho ben capito l'antifona e so bene cosa sia un hotspot (non vivo nel Burundi), ma ti ho deliberatamente ignorato. Il fatto è che TU sei la password del mio cellulare e io non ho il coraggio di dirtelo. Ancora oggi sei la password di un sacco di cose, persino dell'homebanking, se è per questo. I tuoi segreti poi a chi li racconterai? Tu che rimani sempre la mia password del Wi-Fi E chi sa se lo sai ora lo sai.

Conoscendoti, non sono certa che tu abbia aperto questo link e ancora meno che, nel caso l'abbia fatto, tu sia arrivato a leggere fino a quaggiù. Ma ad ogni modo ho finito e ora me ne torno al mio presente, di cui tu non fai più parte. Nonostante tutto, a volte ti penso ancora e mi chiedo se sia capitato che ti ricordassi di me, anche solo per un momento. Mentirei se dicessi che non vorrei che fosse così.

martedì 17 aprile 2018

#NN [the end]


eravamo arrivati a #NN che si alza e mi viene incontro...
ecco...
quello che è successo dopo è stata una delle cose più belle e insieme più terribili che mi potesse capitare.
incontrare Nicola, perché già, pure lui c'ha un nome come tutti i comuni mortali... ecco... incontrare Nicola è stato devastante; tanto che ancora oggi, dopo quasi 3 anni da quella domenica a NY e quasi 4 da quel giorno su facefeed, ne porto addosso segni che, anche con tutto l’impegno possibile, non sono riuscita a mandare via.
perché le ferite forse col tempo si chiudono e smettono di sanguinare, ma le cicatrici, quelle rimangono per sempre.

anche adesso, mentre scrivo queste parole con un misto di rabbia, dolore e delusione che mi pesa sullo stomaco, stupidamente non riesco a scacciare l'immagine di lui e delle sue di cicatrici, quelle vere, ricordo di un incidente in motorino quando probabilmente era uno dei coglioncelli del quartiere, da ragazzino.
e non riesco a soffocare un sorriso, per quanto amaro, al pensiero di quei segni sul braccio.
in tutti questi anni non c'è stato un solo giorno in cui non abbia pensato a lui, a qualcosa che ha detto, a qualcosa che ha fatto, a qualcosa che boh.
e sono tanti tanti giorni, in cui la sua presenza e la sua assenza sono state parte integrante della mia vita.
mi sono innamorata di lui in maniera totale e incondizionata, per quanto assurdo possa sembrare e per quanto stupido possa essere.
mi sono innamorata dei suoi pregi, ma soprattutto delle sue debolezze e dei suoi tanti, tantissimi difetti.
mi sono innamorata di lui nel bene, ma soprattutto nonostante il male.
avrei dato tutto per lui.
avrei rinunciato a tutto per lui.
lui, che di fronte al mio dolore non ha mai dimostrato una virgola di rimorso, di empatia, di pietà.
lui, che quando è tornato dicendo "mi dispiace" stava solo mentendo ancora, ancora e ancora.
dovrei odiarlo con tutto il cuore, eppure...
c'è una canzone di Tom Walker che conoscerete tutti di certo, dato che ha sfrantecato i maroni per mesi.
I will leave the light on
I will leave the light on
I will leave the light on
I will leave the light on
I will leave the light on

probabilmente non c'è un modo migliore per spiegare...
lasciare la luce accesa è una di quelle cose lì.
ci sono cose, piccole cose, che per me hanno un significato speciale.
frasi come "vai piano" o "stai attenta" quando sei in giro in macchina da sola.
lasciare la luce accesa per accogliere qualcuno.
sono il modo più vero e sincero di dimostrare a una persona che ti prendi cura di lei.
ed è esattamente questo che ho sempre fatto: ho lasciato la luce accesa, gli ho lasciato un posto caldo e sicuro dove poter tornare sempre e trovare riparo dai suoi casini e le sue paure.
è tempo di spegnerla quella luce, per un solo, unico motivo: lui non la vuole.
avrebbe dovuto spegnerla lui l'ultima volta che è uscito dalla porta.
e invece no.
ha promesso di tornare, sorridendomi e sapendo perfettamente che era solo l'ennesima bugia.
scegliere di premere quell'interruttore è probabilmente la decisione più dolorosa che debba prendere nella mia vita.
dovrebbe essere chi se ne va a dire "addio", non chi resta e vorrebbe restare per sempre.
e ora, alla fine, l'unica a rimanere al buio nella mia stessa casa sono io.

probabilmente, se dovessi scegliere una parola che rappresenti quella "cosa" che c'è stata tra noi in tutto questo tempo, sceglierei "rispetto".
è questo che ho sempre avuto sopra ogni cosa: rispetto nei confronti suoi, dei suoi limiti, delle sue situazioni, delle sue richieste e delle sue scelte, per quanto potessero essere dolorose.
è questo che mi spiace ammettere che lui non ha mai avuto: rispetto nei confronti miei, delle mie fragilità e dei miei sentimenti.
non ho mai preteso che lui provasse qualcosa che non voleva.
l'unica, la sola richiesta che gli ho fatto è stata quella di essere onesto e di non ferirmi.
ma invece no.
ed è stata una cosa davvero crudele.

una delle cose che mi ha detto la scorsa estate, sdraiato su quella che per me è rimasta "la sua parte del mio letto", è che sono "assolutamente leale verso le posizioni che prendo".
ed ha ragione.
probabilmente è questo il mio problema.
probabilmente è questo che rende così difficile, adesso, dover rinunciare alla posizione che avevo preso: esserci sempre e comunque.
vorrei che potesse essere una scelta, non una necessità imposta.

vorrei potergli dire che sono orgogliosa di quello che sta facendo, che ammiro davvero la sua ambizione e il suo coraggio, che sono contenta che sia felice, anche se quella felicità è causa di tutto il mio dolore.
e poi, ovviamente, da brava "misembrimiamadre", un sacco di quelle cose tipo dormi, mangia, copriti, fai il bravo, stai attento... insomma...fai ciò che avrei voluto fare io sopra qualsiasi cosa: prenditi cura di te.

tutto sommato, quello che vorrei che facesse è che mi dicesse che gli dispiace.
e vorrei poter sapere che lo dice davvero.
forse un giorno ve lo racconterò del terzo grado seduta su un divano troppo grande, di quando mi ha spalmato contro il muro e mi ha baciata, di come sono rimata come un'allocca pensando "machedavero???", della passeggiata sotto la pioggia, del giramento di balle davanti alle sue giustificazioni del cazzo, del succo di frutta, del blablabla sul locale che serviva tutti i tipi di soda del mondo, dell'imbarazzo e della felicità e della follia di quella serata.

forse.

o forse no.


e forse "nonchiamarmigioia" finisce qui.
forse.
o forse no.

per ora è tutto.


lunedì 16 aprile 2018

SUNDAY IN NYC: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO #NN [capitolo 5: Jerome & Jason]


_________________________nelle puntate precedenti: 1 , 2 ,3, 4 , 5 __

ecco, sono arrivata.
mando un messaggio su WhatsApp con la foto della facciata del palazzo.
#NN scrive "entra, firma e sali".
eh? cazzovuoldire entra, firma e sali?
vabbe', intanto entriamo....
a piantonare l'entrata c'è Jerome, che non ho idea di che nome abbia in realtà, ma ha proprio la faccia di uno che dovrebbe chiamarsi Jerome.
Jerome è cattivo.
se ne sta lì in piedi zitto zitto e serio serio dietro al suo banchettino col registro aperto sopra, tipo i tizi che segnano chi entra ai funerali in modo che poi si possa fare l'appello degli stronzi che hanno fatto sega e che per punizione non avranno in omaggio il santino con la foto del caro estinto.
Jerome mi guarda male.
eppure sono praticamente certa che non abbia potuto vedermi fare una cosa tanto deplorevole come sputare la gomma fuori dalla porta, perchè è così ostile?????
sono lì davanti a 'sto benedetto registro... e adesso? #NN ha detto "firma", firmo.
Jerome non è contento.
"deve siglare qui, qui, qui, qui, qui e qui"
minchia Jero', ho messo meno firme sul contratto del mutuo, vedi te....
siglo tutto il siglabile e cerco si smoccarmi da lì.
Jerome mi placca.
"deve segnare company"
valuto per una frazione di secondo di scrivere al Qaeda, ma scommetto quello che volete che Jerome non è una persona di spirito, anzi, pare pure molto permaloso; faccio la brava e segno self.
faccio un passo verso l'ascensore, Jerome non mi perde d'occhio.
probabilmente sta cercando di capire se sono una prostituta, una pusher o solo una misera mendicante, ma intanto continua a guardarmi con quell'aria sospettosa.
"ma lei è attesa?"
"uh? sì sì, certo"
lo vedo eliminare mentalmente mendicante dalla lista delle opzioni.
un altro passo verso l'ascensore, Jerome non demorde.
"ce l'ha un documento di identità?"
eeeeeeh???? scusa, ma ho sul serio la faccia di una delinquente???? non sono una terrorista, sono solo spettinata, eccheccazzo!
"sì, certo", apro la borsa e prendo in mano il portafogli; non sono nemmeno certa che possa chiedermi un documento, ma ormai non ne posso più di tutta 'sta manfrina.
Jerome mi ferma appena in tempo per risparmiarsi lo scempio della fototessera della carta d'identità : "no no, vada pure".
egraziearcazzo.
vedi Jero'... se solo tu fossi un po' più easy, potremmo starcene qui sul banchettino a far serata io, te e una bottiglia di pampero, sbronzandoci di brutto e raccontandoci le sfighe della vita come nei peggiori bar di Caracas...
sono simpa sai??? io sì.. però tu decisamente no, sappilo.
mi fiondo in ascensore e premo 6.

mercoledì 29 novembre 2017

ON AIR


Su una curva 
lungo il viaggio dei tuoi giorni
capirai che la versione dei ricordi
è polvere sul cuore da soffiare via


lunedì 31 luglio 2017

SUNDAY IN NYC: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO #NN [capitolo 5: Dante]


______________________________________nelle puntate precedenti: 1 , 2 ,3, 4  ____

#NN mi ha dato un indirizzo e ha aggiunto "entra, firma e sali"; mi ci vorranno boh, cinque o dieci minuti per arrivare lì, occhio e croce.
prima di scendere dalla stanza mi ero ripromessa di non fumare, in modo di non presentarmi con lo stesso odore di un posacenere dell'Osteria della Briscola, ma quel pacchetto di Marlboro Silver che ho pagato un rene in Chelsea Market sta gridando vendetta dalla borsa...
nel mio cervello si insinua il dubbio che il mio sistema nervoso potrebbe esplodere senza una dose di nicotina, meglio non rischiare...
accendo una sigaretta e la faccio fuori in quattro tiri secchi, mettendomi controvento e tenendola con la punta delle dita col braccio teso per stare più lontana possibile dal puzzo di fumo.
immagino di sembrare una perfetta idiota agli occhi dei passanti, ma sul momento cerco di convincermi che sia un'idea geniale.

lunedì 15 maggio 2017

SUNDAY IN NYC: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO #NN [capitolo 4: giovedì di domenica]


____________________________________nelle puntate precedenti: 1, 2 , 3______


tra me e la subway non è ancora amore.
decisamente.
sbaglio treno due volte, mandando tutte le maledizioni immaginabili alla MTA e al suo stronzissimo uptowndowntownexpresslocal.
senza accorgermi di aver preso un diretto anzichè un locale, scendo alla 14ma strada invece che alla 23ma e mi rendo conto che quella non è la via del mio albergo solo dopo che ho camminato almeno cento metri sotto tanta di quell'acqua che ad un certo punto IT da un tombino mi ha scongiurato di dargli un ombrello.
comincio sul serio a scaraventare giù santi dal paradiso con la fionda.
con la coda tra le gambe risalgo sul treno, ritorno indietro, riprendo a camminare sotto il diluvio.
mi fermo sconsolatissima sotto ad un ponteggio vicino all'hotel e accendo una sigaretta... sconfitta su tutta la linea da una stupida metropolitana... noncipossocredere.
salgo nel mio tugurietto, agguanto un asciugamano e sprofondo in quel letto talmente bianco e morbido da sembrare una nuvola; minchia, quanta acqua che ho preso...
chiudo gli occhi e nella mia mente riappare quel palazzo di mattoni rossi...
giovedì, ho detto che lo chiamo giovedì.
ripenso a quelle mille foto che ci siamo scambiati, a quel viso sempre diverso eppure sempre uguale; ripenso a tutti quei messaggi, alla sua presenza costante dal buongiorno alla buonanotte, le nottate in bianco attaccata al telefono; ripenso alla sua freddezza quando si è svegliato una mattina e semplicemente ha deciso che non aveva più posto per me, alla facilità con cui mi ha rimpiazzato con i suoi giocattoli nuovi.
ho detto giovedì.
cosa gli scrivo? mi manderà a cagare? e se non dovesse nemmeno rispondermi?
giovedì.
chissà cosa sta facendo...
oooohhhhhh... giovedìstocazzo.

martedì 18 aprile 2017

SUNDAY IN NYC: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO #NN [capitolo 3, un piano infallibile]

_____________________________________nelle puntate precedenti: 1, 2 ________


ri-esco alla luce del sole, anche se di sole sembra non volercene essere più tanto...
girovago un po'...
qui i palazzi sono più alti e sbrilluccicosi, ci sono un sacco di taxi gialli come al cinema, più gente, più confusione, più yeah, più wow, più... boh!
forse non sono del tutto normale, ma se devo dire la verità... mi piaceva di più quello che ho visto prima.
passeggio per delle vie forse un po' troppo inflazionate da anni e anni di film e serie tv, sono un po' perplessa: non credo sarà mai questo quello che più amerò di NYC.
mi fermo a prendere una fetta di pizza in negozietto che fa angolo tra due strade, sapendo già che "hai voglia che mappazzone mi danno da mangiare questi... pensano di essere talmente tanto fighi da insegnare agli italiani come si fa la pizza... proprio loro che mettono le polpette negli spaghetti e...."
niente.

mercoledì 5 aprile 2017

SUNDAY IN NYC: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO #NN [capitolo 2, casa di #NN]

______________________________________nelle puntate precedenti: 1 _________

non giriamoci troppo intorno, prima o poi qui ci sarei venuta in questi giorni... non so bene perchè, ma so benissimo che almeno davanti ci sarei passata, per curiosità.
di certo però non pensavo di trovarmela davanti per caso.
ovvio, ho il suo indirizzo e non ci sarebbe voluto molto per cercare quel palazzo, ma non mi ero resa conto di esserci vicino.
probabilmente non ho considerato che, rispetto a quello che si vede sulle cartine, i ponti sono molto più lunghi rispetto alla parte che sta effettivamente sull'acqua.
insomma... pensavo che stocazzo de Manhattan Bridge fosse più distante, ecco.
non so bene cosa fare, sto lì sulla via parallela come un'ebete a guardare il portone...
mi siedo su una panchina, è tutto così surreale...
tra me e casa sua c'è un campetto dove una squadra di cinesi gioca a calcio e la mia attenzione si concentra sul portiere, che boh, non ho idea di quanti anni possa avere, ma decisamente giovane non è.

mercoledì 29 marzo 2017

SUNDAY IN NYC: QUELLA VOLTA CHE HO INCONTRATO #NN [capitolo 1, a spasso per NY]

è la mia prima mattina a New York, mi sono svegliata decisamente presto, causa fuso, e non vedo l'ora di uscire a vedere cose.
questa città butta bene.
voglio dire...
ieri in sola mezza giornata sono riuscita a non litigare pesantemente con l'omino della dogana, riavere la valigia tutta intera, comprare le scarpe da running più comode del mondo e farmi abbordare da un tizio pure belloccio in Union Square.
sento che questo viaggio sarà perfetto.
mi incammino con un biscotto al cioccolato abnorme in una mano e un cappuccino nell'altra alla volta del ponte di Brooklyn.
ho una guida, ottomila mappe e milioni di appunti che, come ogni volta in cui vado da qualche parte, rimarranno chiusi nella borsa...
è sempre così: nei posti ci devo arrivare a modo mio.
in fondo non può essere così difficile, se vado verso giù-sinistra (che in italiano sarebbe sud-est, credo) ci devo arrivare per forza, no?
eh... no.

mercoledì 7 dicembre 2016

SCUSA, NON CAPISCO

ci sono molti motivi per cui una persona viaggia da sola.
io, nello specifico, viaggio da sola perchè mi piace stare da sola.
prendere i miei tempi, perdermi negli spazi, osservare le cose, interagire con la specie umana per libero arbitrio.
avendo qualche gene psycho nemmeno troppo latente, quando sono in giro passo dallo stare giorni interi senza proferire parola alcuna che non sia strettamente legata all'ordinare del cibo, al ritrovarmi a chiacchierare alla fermata di un night bus con un anziano inglese che mi racconta di quando stava a Venezia durante la guerra con i canali che puzzavano di cacca [true story].
resta comunque empiricamente provato che la gente abbia più voglia di parlare con me di quanto io abbia voglia di parlare con la gente...
è così che negli anni ho affinato la mia tecnica dello SCUSA, NON CAPISCO quando sono in terra franco/anglofona.
scusanoncapisco è un toccasana per tagliare corto coi deficienti o per tirarsi fuori da qualche situazione noiosa.
e capita che alle volte sia anche un modo divertente per passare dieci minuti a [non]parlare con persone che, credendo che tu non capisca davvero, dicono cose che altrimenti non direbbero affatto...

Londra.
agosto.
esterno giorno.
passeggio da sola per Tottenham Court Road con uno zainetto in spalla bevendo caffè.
un ragazzo con una cartellina in mano mi ferma e comincia a parlarmi di una petizione da firmare...
parte il piano misantropiaportamivia:
"scusa, non capisco, non parlo bene inglese"
"do you live in London?", dice scandendo le parole.
"no"
"tourist?"
faccio segno di sì con la testa.
"oh, ok..."
sto per proseguire per la mia strada, quando chiede "spanish?"
"no, sono italiana"
"oh, italian! siono stanco! fa friedo!"
scoppio a ridere, pensando che oh, se queste sono le uniche parole che ha imparato, nel bel Paese non si dev'essere trovato poi molto bene!
"quasi... ma non è freddo, fa caldo!"
lui mi guarda con aria confusa, mi sa che non ha davvero capito un tubo.
io continuo il mio teatrino: "freddo vuol dire cold, caldo invece è hot" gli dico, pronunciando rigorosamente cold con la o aperta e hot senza la acca.
"aaaah, ok" annuisce, poi mi guarda e sorridendo dice: "you are hot"
mi lascia un po' sorpresa, ma lo dice in maniera carina...
voglio dire... l'esemplare maschio spesso non ha un modo molto aggraziato per dimostrare il proprio interesse; una volta ho rimediato un "quante patate ha mangiato tua mamma per farti così gnocca?", giuro su dio, ed è stata una cosa talmente penosa che dubito fortemente che quello la veda nemmeno col binocolo, una patata.
"it is hot" ripeto, facendo la finta tonta.
"oh yes, but you are hot" dice sottolineando lo you indicandomi con il dito, divertito da un gioco di parole che crede che io non capisca.
capiamoci, non è che cestaapprovà eh, il suo è soltanto un complimento spontaneo senza secondi fini, incastrato dentro un finto equivoco.
e sono proprio quei complimenti lì, quelli gratuiti, che mi imbarazzano da morire, così tanto che in genere faccio finta di non capirli nemmeno se me li fanno in italiano.
so che sto arrossendo, è decisamente ora che io tagli la corda.
saluto, giro i tacchi e scappo via.
attraverso la strada e faccio per imboccare Goodge Street, quando un'altra ragazza con la cartellina in mano mi ferma e ricomincia la tiritera.
la interrompo gentilmente dicendole, in inglese, che mi spiace, ma non abito a Londra, sono solo in vacanza...
mi chiede dove sto andando di bello e le rispondo che ora vado al Pollock's Toy Museum, più tardi a Neal's Yard; mi consiglia un posto vicino a Covent Garden dove andare a mangiare qualcosa...
chiacchieriamo qualche minuto.
giro lo sguardo sul marciapiede opposto e incrocio quello del ragazzo di prima.
ride scuotendo la testa, consapevole di essersi fatto prendere in giro.
gli sorrido e gli faccio un gesto di saluto con la mano, lui risponde agitando la sua.
mi giro e riprendo il mio viaggio misantropo.
chissà se e quando parlerò di nuovo con qualcuno, nei prossimi giorni?

martedì 20 settembre 2016

DOMENICA

5.17 am: BrightonTheCat ha fame.
rotolo giù dal letto, mi trascino fino alla stanza di là, apro la bustina di straccetti di coniglio, ne verso metà nella ciotola, faccio un grattino al gatto in mezzo alle orecchie, mi ritrascino verso il letto e torno a dormire.
tutto regolare.
normale amministrazione.

8.33 am: BrightonTheCat vuole uscire.
rotolo giù dal letto, mi trascino fino al salotto, apro la porta che dà sul giardino, tiro le tende per non far vedere alla vicina le condizioni subumane della cucina, bevo un bicchier d'acqua, mi ritrascino verso il letto e torno a dormire.
tutto regolare.
normale amministrazione con variatio week end.

10.24 am: mi decido ad alzarmi.
infilo i pantaloni della tuta, apro i balconi, accendo la macchina del caffè, scorro la tl di facebook sul telefono andando avanti e indietro tra una stanza e l'altra.
tutto regolare.
o forse no.

in mezzo ai soliti post qualcuno ha condiviso una notizia dal sito dell'ansa.
apro la pagina.
l'articolo è piuttosto breve eppure non sono in grado di comprendere il testo per intero.
il mio cervello è riuscito ad elaborare solo tre informazioni:
esplosione - New York - 23rd st. 6th ave.
non riesco a respirare.

lì vicino, lì troppo vicino, al sesto piano di un palazzo con un portiere cagacazzi, c'è l'ufficio di N.

non riesco a muovermi.
mi viene da vomitare.

accendo la tv e cerco di concentrarmi, di capire cosa, come, dove, quando.

esco in giardino, accendo una sigaretta, cerco di razionalizzare.
le otto e mezza di sabato sera, non poteva essere lì.
di sicuro era da qualche altra parte...
a casa sua, con lei.
o a cena da qualche parte, nel lower east side o a Brooklyn o dovecazzoglipare, con lei.
per la prima volta mi ritrovo a pregare dio che fosse con lei.
qualsiasi cosa, purchè non fosse lì.
e se invece avesse dimenticato qualcosa? se avesse avuto un appuntamento? se avesse avuto da fare e avesse fatto tardi?
no.
lui sta bene.
lo sentirei se non fosse così, lo sento sempre quando c'è di mezzo lui.
controllo l'ora del suo ultimo collegamento su whatsapp: le 7:29 mie, l' 1:29 sua.
va tutto bene.
va. tutto. bene.

ritorno sul divano, faccio il giro di tutti i telegiornali.
mi sento terribilmente spaventata e impotente.
la sola idea che possa accadergli qualcosa mi fa morire.
mi pare di sentirlo mentre mi dice con tono annoiato "mi sembri mia madre" per l'ennesima volta...

vorrei scrivergli, ma non posso.
non posso per un sacco di motivi, che non ho deciso io.
"sto bene".
solo due parole, è tutto quello di cui avrei bisogno.

i legami tra le persone non godono di proprietà transitiva.
il fatto che qualcuno sia estremamente importante per te non implica che tu sia importante per lui.
d'altro canto, il fatto che qualcuno ti cacci a pedate dalla propria vita non implica che tu riesca a farlo uscire dalla tua.
in ogni caso puoi guardarla come ti pare, ma se tieni davvero a una persona devi trovare il coraggio di lasciarla andare quando sceglie di non rimanere, per quanto male possa fare.

riprendo lo zapping ossessivo-compulsivo dei tg e cambio, cambio, cambio, cambio, cam...
un'immagine di sfuggita mi ha colpito nella penultima schermata.
torno al canale precedente.
eccolo lì.
in basso a sinistra, sopra titoloni a caratteri cubitali e accanto alle immagini in diretta di ambulanze e auto della polizia coi lampeggianti accesi, c'è la foto di un tizio.
solo che non è un tizio qualsiasi, lui è Andrea Marinelli.

non conosco di persona Andrea, ma so benissimo chi è.
si sa, io so un po' di roba su un sacco di gente, è uno dei miei talenti.
uno dei suoi, invece, è raccontare le cose.
perchè spesso non è solo quello che dici, ma è come lo dici a fare la differenza.
il resto di ciò che so di lui me l'ha sempre fatto piacere molto; non so precisamente perchè, ma così, ad istinto, mi dà la sensazione di uno di cui ci si può fidare.

è complicato da spiegare, ma il fatto che quello che sta parlando ora sia proprio lui ha un significato particolare, un senso che va molto al di là di un giornalista in collegamento al telegiornale.
è una questione di dettagli.
non è solo un caso, lo so bene.
Andrea parla di tante persone che in quel momento se ne stavano beate a farsi i fatti loro da altre parti della città e che, probabilmente, nemmeno si sono accorte di cosa stava accadendo.
tra quelle parole che arrivano nelle case di qualsiasi italiano, è come se ci fosse un messaggio solo per me.
continua il suo discorso con un tono di voce sicuro e rassicurante: New York non si ferma, domani è un giorno nuovo e tutti riprenderanno a fare le loro cose senza farsi condizionare.
sono le stesse parole che mi direbbe N.

nyc non si ferma mai ed è proprio per questo che il suo posto è lì.
gli somiglia quella città, sembrano fatti della stessa essenza.

se la vita fosse un quaderno, la sua sarebbe un raccoglitore ad anelli contenente solo pagine bianche; ogni mattina un foglio nuovo da scrivere da zero, staccare la sera e archiviare in un posto che guarda soltanto di rado.
la mia, invece, sarebbe un taccuino consumato con i fogli ben rilegati, pieno di appunti, scarabocchi e spazi bianchi nel mezzo lasciati in sospeso, da riempire prima o poi; un libricino da tenere in borsa e portare sempre con me, per non perdere e non dimenticare le cose passate.

mentre lui corre sempre avanti senza girarsi indietro, io non posso fare a meno di stare a osservarlo da lontano, con l'istinto di proteggerlo e la consapevolezza di non poterlo fare.
"mi sembri mia madre".
già, lo so, è vero.
e adesso va' a lavarti i denti, mettiti il pigiama e fila a letto, piccola testa di cazzo, chè oggi mi hai fatto perdere dieci anni di vita.